Qualche settimana fa è morto ad Ischia il padre di Giacomo, Rocco. Vorremmo rendergli omaggio dedicando quest'articolo di blog, sotto forma di diario di viaggio, alla splendida isola d'Ischia. Ma, prima di riportare il diario di viaggio di Giacomo, ecco un ritratto delle "Isole partenopee" e, in particolare, dell'isola d'Ischia.
Nella baia o nel golfo di Napoli ci sono tre isole principali: Ischia, la più grande, Capri, e Procida. Eccole rappresentate, in alto, in una bellissima cartina del 1794 del celebre cartografo Giovanni Antonio Rizzi Zannoni. Insieme costituiscono l'arcipelago campano (o anche napoletano) e sono note come le isole del golfo (o della baia) di Napoli o, più raramente, con un nome molto più evocativo dei miti antichi che pervadono questa parte del mondo, le Isole partenopee. L'aggettivo partenopeo è sinonimo di napoletano e deriva dal nome di una delle sirene della mitologia greco-romana: Partenope. Ma chi era Partenope e cosa c'entra con Napoli? Ecco la spiegazione sintetica di Wikipedia, seguita da una spiegazione un po' più ampia tratto dal bel libro di Jordan Lancaster, In the Shadow of Vesuvius: A Cultural History of Naples, seguita a sua volta da una straordinaria meditazione sulla figura di Partenope tratta dal bellissimo libro di Peter Robb, Street Fight in Naples: A Book of Art and Insurrection.
Parthenope (Greek: Παρθενόπη) was one of the Sirens in Greek mythology. Her name means "Maiden-voiced". According to Greek legend, Parthenope was the daughter of the god Achelous and the Muse Terpsichore. She cast herself into the sea and drowned when her songs failed to entice Odysseus. Her body washed ashore at Naples, on the island of Megaride, where the the Castel dell'Ovo is now located. When people from the city of Cumae settled there, they named their city Parthenope in her honor. Roman myth tells a different version of the tale, in which a centaur called Vesuvius was enamored with Parthenope. In jealousy, Zeus turned the centaur into a volcano and Parthenope into the city of Naples. Thwarted in his desire, Vesuvius's anger is manifested in the mountain's frequent eruptions. [Wikipedia] Mythical Naples Siren songs
Per chiudere questa lunga divagazione su Partenope, ecco due filmati che rappresentano la scena dell'Odissea in cui Ulisse ascolta il canto delle Sirene: il primo è tratto dal film Ulisse, di Mario Camerini, girato nel 1954, nel quale Kirk Douglas interpreta Ulisse; il secondo è tratto dalla serie televisiva del 1968 della Rai, Odissea, in cui Ulisse è interpretato da Bekim Fehmiu.
Tornando alle Isole del Golfo di Napoli, ecco come ce le descrive la Guida Vacanze: Golfo di Napoli e Costiera amalfitana, del Touring Club Italiano.
Capri, Ischia, Procida: lusso, benessere, e semplicità in un unico grande mare.
E ora puntiamo i reflettori sull'Isola d'Ischia. Ischia copre una superfice di circa 46kmq; ha una linea costiera di circa 34km; l'isola è dominata dalla mole del monte Epomeo, alto 788m, che sorge al centro dell'isola, e dista circa 33km (in linea d'aria) da Napoli: 50 minuti in aliscafo; 90 minuti in traghetto. La popolazione residente è di circa 62,000 abitanti e l'isola è divisa in sei comuni: Ischia, Casamicciola Terme, Lacco Ameno, Forio, Serrara Fontana e Barano d'Ischia. Ischia è di origine vulcanica ed è famosa in Italia e in Europa per le sue acque termali. Ecco un paio di brevi descrizioni dei sei comuni: il primo tratto dal sito IschiaOnline; il secondo dalla rivista Condé Nast Traveller dell'Aprile, 2001.
Ischia si articola in sei comuni: Ischia ,Casamicciola Terme , Lacco Ameno , Forio , Serrara Fontana e Barano , con una popolazione totale di circa 50.000 abitanti.Ischia è il centro più importante e si divide nella zona del Porto, che oggi rappresenta la parte più commerciale dell'isola e nella zona di Ponte dove domina il Castello Aragonese e il borgo antico e caratteristico dei pescatori. Il suggestivo Porto d'Ischia è in realtà il cratere di un vulcano spento e sprofondato che diede origine ad un lago. Rimase tale fino al 1854 quando Ferdinando II di Borbone fece aprire un varco inaugurando il porto. La zona di Ischia è stata testimone dell'ultimo evento vulcanico verificatosi sull'isola: nel 1301 un cratere si aprì nella zona di Fiaiano e un fiume di lava discese fino al mare ricoprendo case e campi, creando l'attuale punta Molino. Fu un fenomeno tanto lungo e intenso che gli abitanti evacuarono l'isola per due anni. In seguito nel 1853 in quest'area i Borboni realizzarono un'opera di rimboschimento di pini, e ancora oggi possiamo ammirare le folte pinete. Cinquantaseimila abitanti divisi in sei comuni, a loro volta frazionati in località minori. Ecco un giro che parte dal "capoluogo".
Diamo "un'occhiata" ad Ischia attraverso una serie di filmati: il primo breve filmato è tratto da una serie dal titolo Visions of Italy dove si riprende l'isola dall'alto - attenzione, l'isolotto che si vede all'inizio del filmato è il Castello d'Ischia o il Castello Aragonese, che fa parte dell'isola d'Ischia, non è tutta l'isola d'Ischia!; nel secondo filmato, Licia colò, ex-conduttrice del programma di viaggi della Rai 3, Alle falde del Kilimangiaro, ci porta all scoperta dell'isola; vi proponiamo inoltre due documentari, di tipo turistico ma ben fatti (a parte la musica), dal titolo di L'isola d'Ischia e il suo Castello, nella versione italiana ed inglese, e Ischia, l'isola del benessere. E, per finire, un bellissimo filmato d'Ischia di Giuseppe Mattera: Island of Ischia - Timelapse. Eccoli:
Diario di viaggio
Malgrado sia tornato a Ischia di fretta e furia, qualche settimana fa, per un motivo tristissimo, non sono potuto non rimanere abbagliato dalla bellezza dell'isola da cui mancavo da diversi anni. La nostra casa si trova nel comune di Forio, nella parte occidentale dell'isola. Ecco alcune foto della casa e del panorama di cui godiamo e capirete perché non c'è da meravigliarsi se si è assolutamente ammaliati da quest'isola:
Ischia, nei mesi estivi – per fortuna perché il turismo, anche se in calo a causa della crisi che imperversa in Italia da qualche anno, è l'unica grande risorsa economica dell'isola – è presa d'assalto da decine di migliaia di turisti italiani ed europei, soprattutto tedeschi e russi, attratti dal mare, dal paesaggio, dalle spiagge, e dalle acque termali. Nonostante ciò, l'isola non ha perso la sua vocazione contadina anche se ormai sono in pochissimi a fare il contadino, o l'agricoltore, di mestiere. E nonostante l'abusivismo edilizio del dopoguerra, l'isola conserva la sua folta vegetazione che le ha conferito il soprannome di "isola verde". Infatti bastano pochi minuti per uscire dai vari centri abitati dell'isola, tipo il centro di Ischia Porto, quello di Forio, quello di Lacco Ameno, di Casamicciola, ecc, dove, in piena estate, regnano il traffico, la folla, e il rumore dei motorini, per ritrovarsi nella campagna verdeggiante, tra i vigneti e gli orti, i campi di papaveri, gli alberi di frutta, i boschi di pino, quercia, e castagno, dove regna il silenzio – rotto, per fortuna solo occasionalmente, dal rumore di un'Ape, motorino, o clacson – e il cinguettio degli uccelli, e dove di notte svolazzano le lucciole. Quasi tutti gli abitanti coltivano l'orto, di cui vanno fieri, e allevano galline e conigli. Ecco in basso alcune foto dell'orto di mio padre:
A proposito della vocazione contadina di Ischia, ecco un bell'articolo del 2007 apparso nel quotidiano La Stampa, in cui Antonella Carriero, proprietaria del rinomato L'albergo della Regina Isabella di Lacco Ameno, parla della "sua" Ischia:
"Il glamour frugale della mia Ischia"
Un esempio ecclatante della vocazione contadina degli ischitani è rappresentato dal nostro vicino di casa, Gaetano: una persona simpaticissima, magnifica, e dal cuore d'oro. Gaetano di mestiere fa il muratore. Ha un orto bellissimo e un forno a legna stupendo e si diletta a preparare la pizza e il pane per la famiglia, per gli amici, per i parenti, e, fortuna nostra, per i vicini di casa! Eccolo:
Ed ecco un filmato di Gaetano in azione:
A Ischia tutte le strade principali (eccetto una!) sono solo a due corsie, una per senso di marcia. Quindi, viaggiare in auto a Ischia, è una continuo sorpassare ed essere sorpassati. A volte si assiste al doppio sorpasso, cioè mentre si sorpassa, si è sorpassati a propria volta. E poi ci sono macchine e motorini che s'infilano e schizzano dappertutto. Roba da brividi per chi non è abituato eppure gli incidenti gravi sono pochi e i casi di «rabbia al volante» («road rage») sono rarissimi. Tutte le altre strade e stradine sono a una corsia solo, e alcune strade sono strettissime. Ecco perché è sciocco avere una macchina grande ed ecco perché molte delle macchine che percorrono l'isola non solo sono piccole ma molte sono anche ammaccate. Inoltre, essendo montagnosa, e siccome i centri storici sono antichi, le stradine sono strette e piene di curve e prima di affrontare una curva c'è l'abitudine di suonare il clacson per avvertire pedoni ed altre macchine. Inoltre, c'è una regola non scritta ma generalmente rispettata da tutti secondo la quale, se la strada è stretta e ripida e due veicoli, che vanno in senso di marcia contrario, s'incontrano, chi sta salendo ha l'obbligo di fare marcia indietro per infilarsi in un vicolo o in un viale, in modo da far passare l'altro veicolo che sta scendendo. Il motivo è chiaro: fare marcia indietro in salita è molto difficile. Per quanto riguarda gli autobus, è inutile munirsi di orario stampato, ma il servizio è abbastanza regolare ed è molto molto raro che si debba aspettare più di mezz'ora per un bus. Alcune fermate sono fornite di paline informative per indicare i tempi di attesa dell'autobus ma non funzionano. I bus, eccetto nelle ultime due settimane di luglio e nel mese di agosto, non sono eccessivamente affollati. Per chi fosse curioso di sapere quanto costa un viaggio in autobus a Ischia, il biglietto di corsa singola (Single journey ticket), acquistato in anticipo in edicola o in biglietteria, costa €1.20; se si acquista in autobus, pagando l'autista, costa €1.70. Il biglietto valido per 100 minuti (utile per chi deve prendere due bus) costa: €1.70. Il biglietto va assolutamnete convalidato perché ci sono per davvero i controllori. In basso, ecco alcune foto della stradina che porta, dalla strada principale, a casa nostra. Per farvi capire quanto sia stretta, c'è la foto di una macchina che sta salendo la stradina.
Per darvi un'idea del traffico ischitano e del tipi di veicoli che circolano sulle strade di Ischia, ecco un breve filmato del traffico in piazza degli Eroi ad Ischia Porto:
Un veicolo che si vede molto spesso a Ischia è l'Ape [ah-peh] della Piaggio, che non ha niente a che fare con l'inglese: "ape". In basso, ecco le foto di un paio di Ape della Piaggio viste nelle strade di Ischia, seguite dalla descrizione dell'Ape fornita da Wikipedia, e una interessante descrizione tratta da una tesi di laurea dedicata appunto all'Ape di Lina Di Silverio:
The Piaggio Ape (Italian for bee), sometimes referred to as Ape Piaggio, Apecar, Ape Car or just Ape, is a three-wheeled light commercial vehicle produced since 1948 by Piaggio. At the end of World War II, most Italians, badly affected by the war, lacked means of transport and, more importantly, the financial means to acquire and maintain full-sized four-wheeled vehicles. In 1947, the inventor of the Vespa, aircraft designer Corradino D'Ascanio, came up with the idea of building a light three-wheeled commercial vehicle to power Italy's economical reconstruction, an idea which found favour with Enrico Piaggio, the son of the firm's founder, Rinaldo. The very first Ape model and the mark immediately following it were mechanically a Vespa with two wheels added to the rear, with a flat-bed structure on top of the rear axle. The early sales brochures and adverts referred to the vehicle as the VespaCar or TriVespa. The first Apes featured 50 cc, 125 cc or 150 cc and more recently 175 cc engines. By the time of the 1964 Ape D, a cab was added to protect the driver from the elements. The Ape has been in continuous production since its inception and has been produced in a variety of different body styles in Italy and India. The name refers to the work ethic of this vehicle - "ape" in Italian means "bee". Controlled with scooter style handlebars (current TM version could be bought also with steering wheel), the original Ape was designed to seat one, but can accommodate a passenger (with a tight fit) in its cab. A door is provided on each side, making it quicker to get out of the vehicle when making deliveries to different sides of the road. Performance is suited to the job of light delivery, with good torque for hills but a low top speed, which is irrelevant in the urban settings for which it was designed. Outside of towns, Apes are customarily driven as close as possible to the kerb to allow traffic to pass. The Ape is still not an uncommon sight in Italy where its compact size allows it to negotiate narrow city streets and park virtually anywhere. In small southern villages, it is also often seen at the roadside where the load area is used as an impromptu market stall by farmers. The Ape is also commonly used as a promotion tool. Advertising hoardings are mounted in the load bay. The Ape's unusual looks can help draw attention to a brand or business. [Wikipedia] L'Ape: la nascita del primo veicolo commerciale
Ad Ischia, l'Ape viene usato anche come taxi, e sono noti come "Micro-Taxi", anche se non sono più numerosi come una volta perché sostituiti da macchine più lussuose, ovviamente "climatizzate". C'è anche chi organizza il giro dell'isola in Micro-Taxi a rischio di fare intontire i clienti dato il frastuono che fa!
Sempre a proposito dell'Ape della Piaggio, è uscito proprio in questi giorni una nuova pubblicità della Vodafone Italia che ha come protagonista l'Ape Piaggio 500MP. Eccolo:
Continuando sul tema di spot pubblicitari, eccone uno molto simpatico per la Fiat 500 Cabrio, del 2010, girato ad Ischia, in cui la voce fuori campo imita quella dei cinegiornali degli anni '40, '50 e '60. Eccolo:
A proposito di cinegiornali, ecconi alcuni dell'Istituto Luce degli anni '50 dedicati all'Isola verde:
Parlando degli anni '50, ecco un bell'articolo apparso nell'inserto Life & Leisure del Financial Review del 2008, in cui Rachel Donadio si reca a Ischia sperando di ritrovarvi echi degli anni '50. Stupenda la descrizione delle famiglie napoletane in spiaggia: «Today my fellow sun worshippers are Neapolitan families, chatting on mobile phones, smoking, eating rice salad from Tupperware and smearing sunblock on their children, little Caravaggios in Speedos.»
Ah, Ischia!" a Neapolitan friend said wistfully when I told him I was headed to the "green island", as it is known. "I spent every summer there as a kid. You know, those summers where three months last for years and years?"
Io, in questo articolo di blog, sto tessendo le lodi alla vocazione contadina dell'isola d'Ischia che perdura nonostante gli enormi cambiamenti che sono avvenuti negli ultimi decenni, ma è doveroso ricordare quanto fosse dura, e spesso misera, la vita dei contadini italiani fino a non tanto tempo fa, fino agli anni '60, quelli del boom economico. Ecco quindi un estratto (in inglese ed in italiano) del bel libro di Elio Vittorini, Conversazione in Sicilia, libro che inizia con la memorabile frase: «Io ero, quell' inverno, in preda ad astratti furori.» Segue un estratto del libro di Paul Ginzburg, A History of Contemporary Italy: Society and Politics, 1943 - 1988, in cui il bravissimo storico inglese tratteggia le condizioni economiche dell'Italia negli anni antecedenti al boom economico. Seguono infine tre video: il primo, breve ma molto bello, è tratto da una serie di inchieste documentarie di Ugo Zatterin, dal titolo La donna che lavora, trasmesse dalla RAI nel 1959, in cui una famiglia di contadini toscani parla delle loro condizioni di vita; segue un episodio (di ben ventisei!) di un documentario straordinario della BBC del 1999, People's Century. L'episodio che vi propongo qui, 1948: Boomtime, parla dello sviluppo economico dell'Europa dopo la seconda guerra mondiale. Parte dell'episodio è dedicata all'Italia, quindi vi proponiamo, separatamente, lo spezzone che tratta dell'Italia, seguito dall'episodio completo.
Pioveva, sul molo della Stazione Marittima dove il piccolo treno che avrei preso aspettava; e della folla di siciliani scesa dal battello-traghetto parte se ne andarono, il bavero della giacca rialzato, le mani in tasca, attraverso il piazzale nella pioggia; parte restarono, con donne e sacchi e panieri, come dianzi a bordo, immobili, in piedi, sotto la tettoia. Of the crowd of Sicilians getting off the ferry, one group departed, hands in pockets, the collars of their jackets turned up, crossing the esplanade in the rain; the rest stayed standing immobile under the station awning, with their women and sacks and baskets, just as they had stood a short time before on board the ferry. Italy in the mid-1950s was still, in many respects, an underdeveloped country. Its industrial sector could boast of some advanced elements in the production of steel cars, electrical energy
Sempre a proposito di quanto fosse dura, e spesso misera, la vita dei contadini italiani fino agli anni '60, ricordo una polemica singolare scoppiata nel 2010 quando un popolare gastronomo italiano, Beppe Bigazzi, ospite fisso del programma della RAI La prova del cuoco, e che all'epoca aveva 77 anni, ricordò, citando un proverbio delle sue parti, che negli anni '30 e '40, nel mese di febbraio, c'era l'usanza tra le famiglie più povere del Valdarno, di mangiare la carne di gatto, affermazione che poi portò alla sua sospensione dal programma. Ecco come Wikipedia Italia ci spiega l'episodio, seguito dall'articolo de The Guardian del 17/2/10 dedicato appunto al caso:
Il 15 febbraio 2010 viene comunicato durante la diretta de La prova del cuoco che Bigazzi è stato sospeso dalla trasmissione. Il presentatore aveva citato un proverbio toscano che dice "a berlingaccio chi non ha ciccia ammazza il gatto" (che significa letteralmente "il giovedì grasso chi non ha più carne da mangiare si ciba del gatto") riferito a quando, in passato, ci si cibava anche di gatti per sopperire alla mancanza di proteine durante la fine del periodo invernale. Bigazzi spiegò la procedura utilizzata per trattare la carne dell'animale per migliorarne il sapore, riferendo altresì di averla consumata in diverse occasioni. A seguito delle polemiche suscitate dal caso, lo stesso Bigazzi ha avuto modo di spiegare al Corriere della Sera il reale senso delle sue frasi dichiarando: Italian TV chef axed after recommending cat stew:
Ecco in basso il segmento "incriminante" de La prova del cuoco del 10/2/10 in cui Bigazzi racconta di aver mangiato la carne di gatto alla conduttrice del programma di allora, Elisa Isoardi. Segue il servizio della CNN dedicato alla polemica e, infine, l'intervento molto bello ed interessante, e molto meno polemico, di Bigazzi a La prova del cuoco del 6/1/14 in cui spiega ad Antonella Clerici che cosa trovava, da bambino, negli anni '30, nella calza della Befana e che ci ricorda ancora una volta quanto fosse povera la vita dei contadini italiani.
Ultimissimo contributo a questa lungo digressione a proposito della vita dei contadini prima del boom economico. Uno storico inglese, John Dickie, autore di Delizia: The Epic History of the Italians and Their Food, offre una riflessione davvero affascinante - con la quale si può essere o non essere d'accordo ma che indubbiamente fa riflettere - sul contributo della cosiddetta cucina povera, quella contadina, al concetto di cucina italiana che abbiamo oggigiorno prendendo spunto dalla pubblicità del Mulino Bianco, una nota marca italiana di biscotti. Ecco Dickie a proposito:
Italians eat lots of biscuits, mostly for breakfast. In 1989 leading biscuit brand Il Mulino Bianco was looking for a set for its new advertising campaign. The White Mill shown on the packets was about to become a real place. The industrialised Po valley - flat and featureless - had distinctly the wrong image, thus ruling out locations in the region around Parma where the biscuits were actually made. Instead set researchers found what they were looking for, abandoned and almost derelict, off the Massetana road near Chiusdino in Tuscany. The old building was given a coat of white paint and a new mill wheel powered by an electric motor. In a short time it was ready to receive its imaginary family of owners. Dad was a square-jawed journalist; Mum, a pretty but prim teacher; their children, Linda with curly hair and a bonnet, and Andrea in slacks and a tie, were as smart-but-casual as their parents; a marshmallow-eyed grandfather completed the group. This, as the company website would have it, was a 'modern family who leave the city and choose to live healthily by going back to nature'. Their story, to be told in a series of mini-episodes, was to embody the second-home aspirations of millions of urban consumers. And to tell it, the agency hired two of the biggest talents in Italian cinema: Giuseppe Tornatore, fresh from winning the Oscar for Best Foreign Film with Cinema Paradiso; and Ennio Morricone, famed for his scores to the spaghetti westerns (among other things).
Parlando della pubblicità del Mulino Bianco, eccone alcuni spot. Il primo è del 1990 e vi appaiono i personaggi citati da Dickie ("Dad was a square-jawed journalist; Mum, a pretty but prim teacher; their children, Linda with curly hair and a bonnet, and Andrea in slacks and a tie, were as smart-but-casual as their parents; a marshmallow-eyed grandfather completed the group"). Il secondo, terzo, e quarto spot hanno come protagonisti, a parte i biscotti, l'Uomo del Mulino interpretato da Antonio Banderas, che è testimonial del Mulino Bianco dal 2012, insieme alla gallina Rosita. Il quinto filmato è una parodia degli spot interpretati da Antonio Banderas, da parte del simpaticissimo, bravissimo e a volte scurrilissimo comico italiano, Maurizio Crozza. Avvertenza: il filmato di Crozza contiene riferimenti a sfondo sensuale, anzi è tutto un susseguirsi di riferimenti a sfondo sessuale quindi potrebbe recare fastidio o addiritura offendere, quindi attenzione!
Ma prima di riprendere a parlare dell'isola d'Ischia, torniamo ancora più indietro nel tempo, all'epoca della colonizzazione greca in Occidente e alla Magna Grecia:
The Latin term “Magna Graecia” (in Greek, “Megálē Hellás”) means “Greater Greece.” In the term’s first attested usages, by Pindar and Euripides in the fifth century BCE, it applied to all of the territory inhabited by Greeks around the Mediterranean. While it has been suggested that “Megálē Hellás” was used as early as the fifth or fourth century to mean only the parts of modern Italy that were colonized by Greeks – the coasts of Sicily, Campania, Calabria, Basilicata, and Puglia – the texts which might have done so, by Antiochus of Syracuse and Pythagoras of Croton, are not preserved today. The earliest recorded use of the phrase to mean southern Italy and Sicily is thus Polybius (Histories 2.39) in the second century BCE, followed by Strabo (Geography 6.1.2) and, for the Latin version, Pliny the Elder (HN 3.95). Modern scholars tend to be even more restrictive in their usage, employing Magna Graecia to mean only peninsular Italy where it was settled by Greeks, in contrast to Sicily, which is often considered as a case by itself. Greek Colonization
Nell'articolo in alto, Mark Cartwright menziona i Fenici e gli Etruschi. Ma chi erano? Per spiegarcelo, ecco tre podcast del meraviglioso programma della BBC Radio 4, In Our Time, condotto dall'inimitabile Melvyn Bragg. Il primo podcast è dedicato ai Fenici; il secondo, all'alfabeto; il terzo, agli Etruschi. Potete ascoltare i podcast cliccando sulle schermate ["screenshots"] delle pagine dedicate ai tre programmi che vi porterà direttamente alle rispettive pagine del sito di In Our Time, oppure potete cliccare sui file audio ["audio files"] sotto le schermate. Segue un breve video, molto bello, di Tim Mostert, che illustra la storia dell'alfabeto e del ruolo fondamentale che i Fenici e gli antichi Greci ebbero nello sviluppo e nella diffusione dell'alfabeto che usiamo oggi.
Perché Greci, Fenici, Etruschi con l'iniziale maiuscola? Ecco la spiegazione tratta dalla rubrica
Si dice o non si dice? del Corriere della Sera online:
Per capire meglio il motivo per cui, a partire dall'inizio dell'VIII secolo a.C., molti Greci lasciarono la Grecia per fondare numerose colonie lungo le coste del Mediterraneo e del Mar Nero, ecco un bell'articolo, tratto dal numero di maggio 2015, di Focus Storia, seguito da un estratto del libro The Classical World: An Epic History of Greece and Rome dello storico inglese Robin Lane Fox, che ci spiegano il perché. Inoltre, vi proponiamo una bellissima puntata del programma della RAI, Ulisse, in cui Alberto Angela ci porta alla scoperta della Magna Grecia e della straordinaria civiltà degli antichi Greci.
Il bello dei migranti Fra Tirreno e Ionio. I pionieri della colonizzazione greca in Italia salparono dall'isola di Eubea, nel Mar Egeo, e si fermarono attorno al 770 a.C. a Ischia. Qui è stata trovata una delle più antiche tracce della scrittura greca, incisa sulla cosiddetta Coppa di Nestore. Da lì sbarcarono poi sulla costa attorno a Napoli, a partire da Cuma. «Molto battute furono poi le coste ioniche, dove Greci del Peloponneso fondarono Crotone, Locri, Metaponto, Sibari e Taranto, l'unica colonia fondata ufficialmente da Spartani», prosegue l'esperto. «Le poleis magnogreche generarono in molti casi delle sub-colonie, creando un cosmo politico-culturale in cui sorse il concetto di Megàle Ellàs, espressione che apparve tra IV e II secolo a.C. con il significato di "Grande Grecia"; Magna per i Latini. La terminologia si estese poi a tutto il Sud dello Stivale, mentre la Sicilia era chiamata Trinacria ("tre punte", data la forma triangolare)». Qui, a partire da Naxos, sorsero importanti città-Stato come Agrigento, Messina, Selinute e Siracusa, le cui vicende storiche furono sempre connesse a quelle del resto del Meridione. Tramonto al rallentatore. «A fermare lo sviluppo della Magna Grecia, già messa sotto pressione dai cartaginesi, fu nel III secolo a.C. l'arrivo delle legioni romane, che sconfissero e soggiogarono una dopo l'altra le grandi poleis del Meridione cosi come i popoli italici presenti nell'area», avverte Montesanti. «Nel 272 a.C. fu piegata Taranto, mentre attorno al 212 a.C. cadde l'indomabile Siracusa, sottoposta a un lungo assedio durante il quale la difesa era coordinata dallo stesso Archimede». Secondo la leggenda, lo scienziato avrebbe utilizzato i suoi celebri "specchi ustori", in grado di convogliare i raggi solari contro le navi nemiche fino a infuocarle. I Romani ebbero comunque la meglio e anche per Syrakousai iniziò il declino.
Vi ricordiamo che, se volete acquistare la versione cartacea di Focus Storia o altre riviste italiane qui a Sydney, ne troverete una vasta selezione all'Haberfield Newsagency (139 Ramsay Street; a pochi metri dalla pasticceria Papa) dove potrete fare anche quattro chiacchere in italiano con il Signor Alfio.
Even in the 730s these overseas settlements were official ventures. The names of the Greek founders were remembered, not least because they continued to be celebrated in 'founders' festivals'. Religious rituals also accompanied the settlers' departures and arrivals. Before setting out, advice was sought from the Greek gods at one of their oracle-shrines, usually by asking if it was better and preferable to go or not: even if the venture went badly, participants would then know that the alternatives would have been worse. The most important source of advice was the god Apollo at Delphi, although the oracle there was a relatively recent cult in central Greece (no older than c. 800 BC). In Asia Minor, founding cities like Miletus turned to a nearer oracle, Apollo's shrine at Didyma, for similar encouragement.
Ma cosa c'entrano gli antichi Greci e la Magna Grecia con Ischia? Nell'VIII secolo a.C., coloni dell'isola di Eubea, in Grecia, crearono il primo insediamento greco stabile del Mediterraneo Occidentale proprio ad Ischia, a cui diedero il nome di Pithecusae. Ecco cosa ci dice a proposito di Pithecusae lo storico inglese David Abulafia in The Great Sea: A Human History of the Mediterranean:
The opening of contact between the Greeks of the Aegean (specifically, Euboia) and the lands facing the Tyrrhenian Sea has enthusiastically been described as a moment 'of greater lasting significance for western civilisation than almost any other single advance achieved in antiquity'. It was an important moment not just for the Italian lands into which the first Greek traders and settlers penetrated, but for the lands back home which flourished as centres of trade: after the eclipse of the Euboian cities, Corinth came to dominate this traffic, sending its fine vases westwards in their thousands, and bringing back raw materials such as metals and foodstuffs; and after Corinth, Athens acquired a similarly dominant role in the fifth century. It was these outside resources and contacts that enabled the Greek lands to experience their great Renaissance after the collapse of Bronze Age civilization, and to disseminate objects in the distinctive styles favoured by Greek craftsmen and artists, with the result that the art of the Greeks became the point of reference for native artists among the Iberians and Etruscans in the far west. To write the history of Greek civilization as the story of the rise of Athens and Sparta without much reference to the waters of the central and western Mediterranean is like writing the history of the Italian Renaissance as if it all happened in Florence and Venice.
Lo storico inglese, Robin Lane Fox, che ho citato prima, ha dedicato anche un bel libro agli Eubei ed ai loro viaggi nel Mediterraneo, Travelling Heroes: Greeks and Their Myths in the Epic Age of Homer (Allen Lane; 2008), in cui dedica alcune pagine a Pithecusae. Ma, anziché riportare le pagine del libro dedicate a Pithecusae qui, voglio proporvi il bellissimo documentario basato sul libro e presentato dall'autore stesso: Greek Myths: Tales of Travelling Heroes. Il documentario è lungo, e bisogna seguirlo con attenzione, mane vale la pena perché è assolutamente affascinante! Quindi, in basso, troverete prima il segmento del documentario in cui lo storico si reca ad Ischia, seguito dal documentario per intero.
Come Robin Lane Fox menziona nel documentario sopra, gli oggetti rinvenuti nella necropoli di Pithecusae, tra cui appunto la cosiddetta Coppa di Nestore, sono conservati, dal 1999, nel Museo Archeologico di Pithecusae che ha sede in Villa Arbusto, la villa che appartenne al famoso magnate dell'editoria italiana, Angelo Rizzoli. Ecco, in basso, l'articolo bellissimo di Sergio Frau apparso ne la Repubblica del 17 aprile 1999 dedicato all'apertura del museo e al contributo inestimabile dell'archeologo tedesco Giorgio Buchner alla "riscoperta" di Pithecusae.
I greci all' assalto di Ischia: Da oggi un nuovo Museo
Un'altro libro assolutamente bellissimo che dedica alcune pagine memorabili a Pithecusae, o meglio, a due oggetti in particolare conservati nel Museo Archeologico di Pithecusae, è The Mighty Dead: Why Homer Matters di Adam Nicolson. I due oggetti presi in esame sono la Coppa di Nestore e il Cratere con scena di naufragio e la loro descrizione da parte di Nicolson è carica di emozione. Il libro è talmente bello che, dopo l'estratto dedicato a Pithecusae, ho incluso anche il link alla recensione del libro di Charlotte Higgins, apparso in The Guardian, e due interviste all'autore, in podcast: la prima di Geraldine Doogue; la seconda di Michael Enright. Infine troverete la terza delle sei puntate di un bellissimo documentario televisivo della BBC del 1985, In Search of the Trojan War, presentato da Michael Wood che prende in esame il ruolo degli aedi (cantori professionisti) nella composione dell'Iliade.
In a way that remains permanendy and inevitably uncertain, the Phoenician alphabet arrived in the Greek world, probably in the ninth century BC, from the trading ports of the Near East. Powerful currents were running between the Near East and the Aegean. Craftsmen, foods, spices, herbs, precious metals, ways of working that metal, myths, metaphysical ideas, poetry, stories - all were flooding in from the east, and the alphabet came with them. Unlike the earlier complex scripts, the simple Phoenician alphabet wasn't confined to high-class scribes, and the Greeks soon adapted it to their own use, adapting Phoenician letters for vowels and for 'ph-', 'ch-' and 'ps-', which do not occur in Phoenician. Like the songs of Homer themselves, the Greek scripts they developed varied from place to place, but of all the scraps and fragments of early Greek text that have survived from the eighth century none is more suddenly illuminating than a small reconstructed object from the island of Ischia, at the far, western end of the Greek-speaking world, guarding the northern entrance to the bay of Naples. On its grey and rapidly painted body, a ship floats all wrong in the sea, turned over in a gale, its curved hull now awash, its prow and stern pointing down to the seabed. Everything has fallen out. Wide-shouldered and huge-haunched men are adrift in the ocean beneath, their hair ragged, their arms flailing for shore and safety. Striped and cross-hatched fish, some as big as the men, others looking on, swim effortlessly in the chaos. A scattering of little swastikas does little to sanctify this fear-filled waterworld. One man's head is disappearing into the mouth of the biggest fish of all. It is a disaster, fuelled by the fear the Greeks had of the creatures of the sea, alien animals which, as Achilles taunts one of his victims, 'will lick the blood from your wounds and nibble at your gleaming fat'. The scene is no new invention; it is painted with all the rapidity and ease of having been painted many times before. In the Iliad, during a passage of brutal bloodletting and crisis for the Greeks, the beautiful Hecamede, a deeply desirable Trojan slave-woman, captured by Achilles and now belonging to Nestor, mixes a medicinal drink for the wounded warriors as they come in from battle: strong red wine, barley meal and, perhaps a little surprisingly, grated goat's cheese, with an onion and honey on the side. Hecamede did the mixing in a giant golden, dove-decorated cup belonging to Nestor, which a little pretentiously he had brought from home: 'Another man could barely move that cup from the table when it was full, but old Nestor would lift it easily.'
Oggigiorno tutti i ragazzi d'Ischia visitano, prima o poi, soprattutto in gita scolastica, il Museo di Pithecusae ma "ai miei tempi" il museo non era stato ancora aperto e nei miei ritorni ad Ischia, da quando il museo è stato aperto nel '99, non ho mai avuto il tempo, e forse nemmeno tanta voglia di visitarlo. Questa volta, avendo letto i libri di Adam Nicolson e di Robin Lane Fox, ci tenevo tantissimo ad andarci. Mi sono informato sugli orari d'apertura visitando il sito internet del museo e, appena ho potuto, un pomeriggio, mi sono recato a Lacco Ameno dove ho trovato il museo chiuso senza nessun tipo di avviso. Quindi sono andato a Ischia Porto, che si trova quasi dall'altra parte dell'isola, e, per caso, sono passato per l'ufficio turistico dove c'era una scritta avvisando della chiusura del museo nel pomeriggio. Morale: ci vuole pazienza.
La mattina dopo, sono tornato a Lacco Ameno, il museo era apertissimo, ed è stato davvero molto emozionante vedere da vicino la Coppa di Nestore - questa semplice coppa d'argilla decorata a motivi geometrici, affatto appariscente, che che però racchiude così tanta storia ed emozione. Ecco in basso alcune foto del Museo di Pithecusae:
E di Villa Arbusto:
Da continuare...
Comments are closed.
|
AuthorAt Italia 500 we've been offering Italian courses, in Sydney, since 1995 and one of the most beautiful aspects of learning Italian is that it opens the door to a culture of unrivalled richness and diversity. In this blog we'll be sharing some of our favourite books, movies, places in Italy to visit, music, links to podcasts, information about local and international Italian themed events, and the odd "personal" view, in the hope that it will encourage you to delve further into a culture which continues to inspire us and millions of people all over the world. Archives
December 2020
Categories
All
|